Anacoluto

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L'anacoluto (dal greco anakóluthon [schêma], "privo di un seguito"[1]), detto anche tema sospeso, è una figura retorica in cui non è rispettata la coesione tra le varie parti della frase. È una rottura della regolarità sintattica della frase presente soprattutto nella lingua parlata, una vera e propria sgrammaticatura che consiste nel cominciare un periodo in un modo e finirlo diversamente spesso cambiando soggetto o introducendo un soggetto che resta poi senza verbo. Nella scrittura è un effetto della mimesi del parlato[2]. Può essere inconsapevole, come nel caso della scrittura dei semicolti[2], oppure consapevole, come è il caso della scrittura dotta o colta, che se ne serve come strumento di ricerca di espressività.

Anticamente era noto con l'espressione latina nominativus pendens[1].

Uso

Diffuso nel linguaggio comune e nell'italiano popolare, nell'anacoluto il costrutto sintattico è privo di coerenza e di accordo logico-grammaticale tra gli elementi del periodo, pur mantenendo un senso o tema comune tra le parti del discorso. È utilizzato in modo consapevole fin dall'antichità, per ottenere particolari effetti stilistici: ne hanno fatto uso, tra altri, Tucidide, Tito Livio, Cicerone e Catone. Questa tradizione arriva alla contemporaneità passando per gli scrittori del Trecento: sono noti gli anacoluti di Machiavelli e quelli, disseminati ne I promessi sposi, di Alessandro Manzoni.

Esempi letterari

  • Calandrino, se la prima gli era paruta amara, questa gli parve amarissima (Giovanni Boccaccio, Decameron, VIII, 6)[3]
  • mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui (Niccolò Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori, 10 dicembre 1513)
  • Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. IX, p. 172)[3]
  • Non sapete che i soldati è il loro mestiere di prender le fortezze? (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. XXX, p. 570)[3]
  • Quelli che moiono, bisogna pregare Iddio per loro (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXVI, p. 697)[3]

Note

  1. ^ a b Beccaria, pp. 50-51.
  2. ^ a b Roggia.
  3. ^ a b c d Faloppa.

Bibliografia

Voci correlate

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